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Heliopolis 2


di Membro VIP di Annunci69.it OMNIA
06.02.2022    |    3.289    |    5 8.3
"Lo stato confusionale della mia mente è ormai arrivato allo stadio clinico, ma sento qualcosa di nuovo nascermi dentro, una sensazione che non ho mai provato..."
Cap Agde, 27 agosto 2010

Dopo un giorno intero trascorso nella mia stanza, sbronzo marcio, ancora terrorizzato dalla frustata rimediata il giorno prima, finalmente riesco a varcare la soglia del portone dell’edificio F. Scendo l’ultima scalinata esterna che mi porta direttamente sulla strada che circonda l’Heliopolis.

Con pochi passi arrivo su Boulevard des Matelots. Ripenso sempre a quanto mi è accaduto ieri, con quei due maledetti nella loro stanza. La città è grande, dovessi incontrarli farò finta di niente. Sono già le 11.30. Mi avvicino alla mia auto posteggiata nello spazio assegnatomi nel parcheggio. Apro lo sportello e cerco di sedermi sull’incandescenza del sedile al lato passeggero, ma sono nudo e non ci riesco. Cerco i miei polaroid.

Nel frattempo passano alcune auto, non riesco a capire se i guidatori siano nudi. In compenso vedo camminare sullo sparti traffico della Boulevard un gruppo di circa sei persone. Tutte vestite; io invece sono nudo e parecchio sudato, evito di incrociare i loro sguardi. Cosa mi succede? Sto provando vergogna. Una situazione veramente sconveniente. Un conto è stare nudi su una spiaggia, altro è stare lì, in piena città.
La capacità di provare vergogna è un fondamentale meccanismo di sicurezza morale, lo penso ma non ne sono certo.

Esco dall’auto, sento il click del telecomando che chiude le serrature. Una sagoma mi si fionda addosso schiacciandomi contro lo sportello, cerco di divincolarmi ma è molto più possente e forte di me. È lui, credo proprio di si, l’uomo nero che ieri mi ha colpito con la sua frusta. È nudo come me, riconosco il corpo atletico, addominali scolpiti; il giorno prima indossava la maschera antigas, ora posso vedere la sua testa. Ha i capelli completamente rasati, il cranio lucido e sudato, barba curata e rifilata, gli occhi non li vedo poiché indossa occhiali con lenti scure. Ha un telo da spiaggia sulla mano destra, da cui fa uscire la lama di un coltello che mi punta allo stomaco.

“Silenzio e seguimi”. Me lo dice in francese ma capisco perfettamente. Ho la mente paralizzata, mi tremano le gambe, sudo copiosamente. Mi si posiziona alle spalle, con il telo ha coperto la lama, ma la mano è protesa verso la mia schiena. Cammino senza fiatare, arriviamo davanti alla porta dell’appartamento sessantuno che riconosco. Si apre la porta, mi spintona dentro. Sto per rivivere l’incubo del giorno prima, ma qualcosa è cambiato in quella stanza.

La dolce ed accogliente Emily che mi aveva fatto sognare il giorno prima è adesso di fronte ai miei occhi, totalmente trasformata. Indossa un corsetto nero sgambato, aperto quanto basta per mostrare le meravigliose labbra della sua figa, armoniose, disegnate. Il seno, perfetto perché rifatto, è coperto sino all’altezza dei capezzoli dal pizzo. I capelli li tiene legati con una coda molto precisa e stretta: la pelle delle tempie tirata dalla coda produce un effetto allungato su i suoi occhi, già truccati di ombretto nero. Con l’eyeliner ha creato lo sguardo egizio, alla Cleopatra, seducente ma con una luce cattiva nelle sue verdi pupille che mai avrei pensato potesse mostrare. Le labbra sono cariche di rossetto color porpora, le unghia delle mani sono smaltate di nero. Al collo una catena di acciaio con una croce di Sant’Andrea. Il tocco di classe lo porta ai piedi, il lucido nero ed accecante delle sue “tacco dodici”, il rosso fiammante delle suole sono indizi inequivocabili: Louboutin.

Vederla "vestita" così sexy mi fa partire un’erezione quasi completa, cosa che eviterei visto l’incognita di quanto potrà accadermi in quella stanza, che purtroppo conosco bene. Lui entra nel bagno che si trova subito dopo l’ingresso, mentre Emily si avvicina a me. Mi guarda con un sorriso beffardo, mi afferra il cazzo, ormai totalmente eretto, con una mano…lo stringe molto forte facendomi male. Accenna una masturbazione, ma non è quella la sua vera intenzione. Nell’altra mano ha un fazzoletto di tessuto bianco che porta repentinmente sul mio naso.

Quando mi risveglio, non saprei dire dopo quanto tempo, come prima cosa, sento un intenso odore di lattice ed un senso di costrizione totale sull’intero viso: indosso la maschera antigas che il giorno prima aveva il suo compagno. Dai vetrini tondi della maschera ho una visione limitata dello spazio intorno a me. Ho mal di testa ed un leggero senso di nausea. Sono sdraiato sul letto con le braccia ammanettate dietro la schiena, le manette sono state messe anche ai miei piedi. Emily mi capovolge in posizione prona. Quando giro la testa verso il cucinotto, vedo lui, l’uomo nero, rinchiuso dentro una iron shades, il suo cazzo nero costretto in un penis-cage di metallo luccicante, una dog mask in pelle nera con borchie sul collo che funge anche da collare. È innocuo come un cane ingabbiato nel canile della mia amica Stefy, ma il suo viso ed il suo sguardo mi sono nuovamente negati.

Emily fa schioccare la prima frustata che sfiora il mio orecchio, il rumore secco riesce a trapassare il lattice della mia maschera, paralizzandomi. La seconda arriva diretta sulle mie natiche, la sento bruciare sulla pelle come il ferro incandescente. Le frustate si susseguono a ritmo frenetico, alcune a segno altre solo per terrorizzarmi. Non ho la forza di pensare alla situazione paradossale che sto vivendo. Cerco di pensare a cose senza senso, come quando da piccolo mi chiudevo al buio negli armadi e ci stavo le ore, mi aiutava a disinteressarmi del mondo, della vita che a volte ti usa con prepotenza.
A differenza del giorno prima c’è musica diffusa, riconosco Tainded Love di Marilyn Manson, sento quasi la sua presenza in quella camera di torture, con il suo occhio vitreo e i denti di acciaio. Su i dettagli da dungeon questa coppia propone rituali e materiali di pregio, per quanto ne possa capire un profano come me.

Quando l’ira insaziabile di Emily, nel colpirmi con la sua lunga frusta, sembra essersi placata, mi rigira supino, sfila la maschera e, portandosi l’indice sulle labbra, mi fa capire che non devo dire nulla.
“Bonjour italiano!” Mi accarezza il viso, si avvicina alle mie labbra, me le bacia per qualche secondo; poi mi lecca sulle guance, passa su gli occhi che sento già umidi di probabili lacrime che mi sono uscite mentre mi contraevo per cercare di resistere al dolore. Con la sua lingua vellutata arriva sino alla mia fronte, dove si sofferma a gustare le gocce del mio sudore, probabilmente salato. Lo stato confusionale della mia mente è ormai arrivato allo stadio clinico, ma sento qualcosa di nuovo nascermi dentro, una sensazione che non ho mai provato. L’adrenalina provocata dalla sessione bdsm, di cui inizialmente pensavo esserne vittima, ha invece creato, o forse ha portato a galla, un “mostro” che non sapevo albergasse dentro di me.

Sulle lenzuola bianche scorgo tracce di sangue fresco, è sicuramente il mio. La Mistress, che mai mi sarei aspettato, mi ha frustato con vera crudeltà. Dovrei essere furibondo ed invece sono eccitato, Emily se ne accorge: accenna ad un sorriso. Sono ancora con le mani legate dietro la schiena, lei si siede sulla mia faccia, appoggia le labbra della sua calda figa tra il mio naso e la bocca. Sa di buono, riconosco una tonalità raffinata di muschio bianco. Lecco, bacio e succhio la meravigliosa vagina che schiaccia il mio viso, quasi soffocandomi. La striscia avanti e dietro con movimenti sempre più rapidi; nel mentre di questo movimento incessante, si auto stimola i capezzoli, la sento ansimare sempre più forte. “Oui c’est bon, oui c’est bon…” urla lasciandosi andare ad un orgasmo violento. Lo spruzzo caldo che fuoriesce dalla sua fessura completamente depilata invade il mio viso, chiudo gli occhi ma lascio la bocca semi aperta… non percepisco alcun odore, sulla mia lingua ed intorno al palato gusto un velato sapore dolciastro, mi ricorda il succo di mela.

Emily si alza velocemente dal letto, vede il mio pene turgido e voglioso di attenzioni. Raccoglie con le mani il suo succo dal mio viso e dall’interno della sua figa. Deposita il liquido viscido sul mio cazzo ed inizia a masturbarmi. Con la lingua mi lecca le palle, me le stringe, ma in modo piacevole e non violento. Solo adesso mi accorgo di avere sui capezzoli le sfere calamitate che stringono chissà da quanto tempo, ho i pettorali quasi violacei. Sento vampate di calore che mi partono dall’addome ed arrivano agli occhi. Uno schizzo dirompente di sperma esce dal mio cazzo lucido del suo umore, parte in direzione del mio viso e si ferma quasi all’altezza del collo, poi altri fiotti minori fuoriescono riempendo il mio torace di panna bianchissima. Emily spalma tutto con delicatezza, io sono in estasi, con gli occhi chiusi per fermare nella mia mente quel momento di lussuria inaspettata.
Il suo viso appare radioso nel vedermi godere. Assaggia il mio sperma portandoselo con un dito sulla lingua. Torna a baciarmi, nell’orecchio mi sussurra: “Demain le patron ce sera toi”.
La schiena ed i glutei adesso mi bruciano, non saprei neanche come si curino questo tipo di ferite. Ma l’intensità dell’orgasmo appena provato scuote la mia mente, facendomi pensare che nulla sarà più come prima, la mia sessualità ha deviato verso luoghi che non conosco. La mia epoca di maschio “vanilla” si chiude in questa stanza.
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